Sul finire del Cinquecento l’azione della Chiesa si fece più incisiva nell’affermare e diffondere nuovi princìpi riformati e sanciti nel Concilio di Trento. Alcuni ordini religiosi, con l’ausilio di nascenti confraternite, contribuirono a divulgare il culto eucaristico, la devozione mariana e ad organizzare le processioni del Santissimo Sacramento e delle Quaranta Ore circolari nelle principali chiese cittadine. In questo periodo il clero indirizzò la catechesi alla classe meno abbiente e s’incrementarono i riti processionali della Settimana Santa. A Palermo, il mercoledì del 11 aprile 1591, i laici della confraternita genovese detta la “Casazza” iniziarono la Settimana Santa interpretando la “passione di Cristo” a cui aderirono flagellanti e ragazzi vestiti da angioletti con le torce nelle mani. Anni dopo s’interpretò un diverso adattamento della Passione nel vespro del Venerdì Santo non più teatrale, recitata o con l’esposizione delle insegne di santi, bensì una processione con gruppi statuari portati per la prima volta tra le viuzze cittadine per maggiormente espandere nell’animo popolare la conoscenza d’alcune scene della via crucis e per rafforzare il concetto religioso della passione e della resurrezione di Gesù Cristo, “Salvatore dell’umanità”. Forse questo è stato il primordiale intendimento dei sacerdoti Nicolò Galluzzo e Giovanni Manriques, consci della “pia devozione che sempre genera altra”, che nel 1603 hanno fondato a Trapani la “Società del Preziosissimo Sangue di Cristo e sue cinque piaghe” nella chiesa di Santo Spirito. I due prelati designarono un rettore detto governatore, dei coadiutori e un tesoriere, i quali fecero indossare agli adepti un sacco rosso evocante il rosso del “preziosissimo sangue”, un mantello indorato, cappelli e sopravesti bianche a mezza manica adorne di merletti, in altre parole le cotte. Un anno dopo, i cappellani Antonio Caradonna e Antonio Gucciardo istituirono nella chiesa di San Lorenzo la “Società del Prezioso Sangue di Cristo”. Nel contratto del 5 febbraio 1604 riscontriamo che “per elemosina e salute delle anime”, Nicolò Galluzzo “con mera, pura, semplice ed irrevocabile donazione tra vivi” donò alla Società una casa riservandosi il diritto di censo di un’onza annuale. In quegli anni battitori “che si battevano a sangue”, professionisti e rappresentati dell’autorità civile, religiosa e militare parteciparono alla processione dei primi gruppi dei Misteri trapanesi. Si sa che l’unico contratto notarile della prima concessione del mistere risale al 6 aprile 1612, quando si affidò il gruppo di “Gesù Cristo con la croce in collo”nello stesso tempo in cui altri parteciparono alla processione del Venerdì Santo. A queste notizie aggiungiamo quanto letto nell’apoca del 3 aprile 1614, con la quale il notaio Luciano Costa formalizzò il pagamento di 3 onze del governatore Giorgio Parisi a Nicolò Galluzzo, di cui un’onza e quindici tareni per mani di Francesco Parisi (entrambi figli del medico Pietro Parisi) e altrettante da Battista Cinciolo per resto e completamento delle sei onze pattuite per l’ultimazione della costruzione del mistere detto “la Prisa” realizzato dal corallaio Nicolò de Renda. Nella stessa apoca, si appura che si dispensarono altre cinque onze per pagamento a saldo del mistere di “Gesù Cristo con la croce in collo” dato in concessione ai “poveri Jurnateri”due anni prima. Tra il 1619 e il 1621, il governatore e gli ufficiali della Società del Preziosissimo Sangue di Cristo formalizzarono il contratto di comodato di altri gruppi dei Misteri a benestanti maestranze. Quei mastri si adoperarono ad accrescere la propria spiritualità, in pratica a fare la “Casazza Magna” e ottennero l’affidamento di ciascun mistere dopo aver fatto ripetute richieste al governatore e agli ufficiali della cennata Società. Contrariamente a quanto risaputo sulle difficoltà dell’Ente nell’organizzare l’evento per mancanza di risorse finanziarie e che quest’appiglio costituì motivo d’affidamento dei gruppi ad agiate maestranze che avrebbero apportato un palliativo contributo economico alla buona riuscita della processione, affermiamo, che la Società gestì alcune rendite scaturenti da proprietà immobiliari. E non solo, accanto ai mastri componenti di ciascun ceto affidatario figurarono professionisti come Andrea de Vegna, Antonio de Carissimo, il dottore Giacomo Licata, notai e baroni che la finanziarono auto tassandosi perfino nell’acquisto del mantello e del sacco, segni rappresentativi della Società. Una confortante prova è data dalla stipula di una quietanza scritta il giorno precedente la redazione del contratto di concessione del mistere “con la croce in collo”e a buon profitto, diciassette giorni prima della processione del Venerdì Santo. Anticipando la manifestazione religiosa, Francesco Parisi, cavaliere servente dell’Ordine di Gerusalemme e governatore della Società, riscosse dai giurati trapanesi quattro onze in sussidio della spesa che la Società avrebbe approntato per la processione. La debita “elemosina” annotata nei “mandata” del senato trapanese, anche se alternata nel corso degli anni, durò fino al 1671. Nel mandato del 1659 i senatori trapanesi offrirono alcune spicciolate di tareni per il pagamento della musica al simulacro detto “nostraSignora del Lutto” condotto in processione con altri gruppi dei Misteri dai patrizi trapanesi, che periodicamente si alternarono nelle cariche senatoriali. Di certo non si trattò del simulacro dell’Addolorata attribuito a Giuseppe Milanti, difficilmente scolpito dall’artista all’età di un anno, dato che nacque nel 1658. Simile paradosso si evince in una dichiarazione di chi afferma esser stato il 1782 l’anno del decesso dell’artista Domenico Nolfo (da ricordare invece come l’anno della soppressione in Sicilia del Sant’Uffizio) al quale si risponde: l’artista è morto il 3 luglio 1803, avendo patito negli ultimi mesi di sua vita terrena una miserevole condizione economica sollevata in ultimo dal sussidio del nipote Diego De Luca, ciantro della chiesa di San Lorenzo. I senatori s’intrufolarono abilmente nella gestione della processione dei Misteri, governarono l’itinerario e l’orario d’uscita dei gruppi dalla chiesa di San Michele, intimarono ad ogni mastro di intervenirvi e perseguendo tale scopo, dal 1696 al 1725 emanarono i bandi d’adunanza dei mastri alla processione. Essendo a loro particolarmente cara, riunirono nel 1710 ben novanta patrizi forzati a parteciparvi con il simulacro della “Santissima Vergine Addolorata”. L’antica processione dei Misteri trasmessaci dai nostri progenitori è sopravvissuta alla scomparsa processione del Cereo e alla “mascherata di Lucifero” soppressa nel 1750, a quella delle Bare delle Arti e del Cristo Risorto. Inizia il Venerdì Santo intorno alle due pomeridiane con l’uscita dei gruppi dalla chiesa del Purgatorio, condotti a spalla dai portatori d’alcuni ceti e da tanti devoti. Ciascun gruppo, posto su una vara, è annacato a suon di musica, abbellito con prezioso argento, guarnito di fiori e addobbato di cera. La mattina successiva rientrano in chiesa dopo aver attraversato le antiche strade del centro cittadino. Oltre venti generazioni hanno assistito e partecipato alla processione dei venti gruppi dei Misteri e da alcuni anni i turisti ammirano queste rappresentazioni artistiche della “Passione e Morte di Gesù Cristo”, più volte restaurate e rifatte da artisti trapanesi secondo i precetti impartiti dai consoli delle rispettive arti affidatarie.